Quote Rosa: donne e ristorazione

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Quote Rosa: donne e ristorazione

Le cosiddette quote rosa si identificano con la presenza di una percentuale di donne laddove il predominio maschile risulta una costante.

Ma nella ristorazione si può parlare di quote rosa?

Decisamente si, ma la verità è che paradossalmente dovremmo parlare di quote celesti.
Infatti basterebbe tornare indietro di poche decadi per riscontrare che dire “cucina” era come dire donna.

Non ci sono dubbi a riguardo: la gestione delle cucine, pubbliche e private, era appannaggio esclusivo delle sapienti mani di donne forti, fisicamente e caratterialmente.

Tutto il sapere sulla trasformazione delle materie prime è frutto di secoli di tradizioni e segreti, tramandati di madre in figlia e man mano perfezionati e personalizzati.

Ai tempi delle locande antiche, le donne ai fornelli non godevano di alcuna lode o salario; al contrario l’uomo “ristoratore” vantava elogi e lauti guadagni.
non è un caso che si dica “dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna”! Il riferimento alla ristorazione calza a pennello.

Altro che quote rosa!
Pellegrino Artusi, benché incapace di mettere l’acqua a bollire, divenne celebre scrivendo “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” solo grazie all’aiuto di Marietta, sua cuoca personale.

Un ruolo accessorio quindi, dettato dall’accondiscendenza quasi obbligata della donna e da una forma di subordinazione sociale imposta a piccole dosi dall’uomo.

Ma la tradizione culinaria Italiana è donna ed è impensabile sostenere il contrario.

Oggi siamo costrette a parlare di quote rosa per dare forma (e colore) al desiderio di riscatto che brucia dentro, e riappropriarci di quei meriti che ci spettano di diritto.

La cucina è il nostro mondo e di fatto ce lo stiamo riprendendo. Non solo dietro ai fornelli e in sala, ma anche e soprattutto sotto il profilo manageriale.

Un noto chef stellato ha asserito che la supremazia dell’uomo nel mondo della ristorazione è dovuta alla durezza del lavoro: orari massacranti, pentole pesanti, postura faticosa e difficili compromessi nella gestione degli orari in rapporto alla vita famigliare privata.

Personalmente ritengo più saggio parlare di altri aspetti che contraddistinguono, nel bene e nel male, l’uomo e la donna rispetto al food business, ad esempio:

La donna è il principio che ha dato vita ad uno dei più grandi mercati della storia, ed è impossibile negare il contributo stilistico che ha apportato.

L’uomo, invece, ha un grande vantaggio: conosce il gioco di squadra.

Con il lavoro che svolgo ho sempre riscontrato che fra uomini, in linea di massima, si arriva sempre ad un compromesso, e che il modo di comunicare o di prendersi in giro, favorisce una complicità che lega, unisce e di conseguenza fortifica la brigata. È ben noto che l’unione fa la forza.

Noi ”femmine” abbiamo un atteggiamento più individuale, e su questo piano ci spingiamo a livelli di competitività tali da compromettere, in alcuni casi, lo spirito collaborativo.

Personalmente conosco molte eccezioni, ed è proprio in queste figure ammirevoli che riscontro la capacità di fare squadra, e di esprimere quell’autorevolezza necessaria soprattutto nella gestione delle brigate.

Il concetto di quote rosa nella ristorazione è quindi in bilico: a noi non spetta una gentile concessione dietro un’etichetta. Piuttosto abbiamo bisogno di consapevolezza e determinazione. Il resto viene da sé.

“Certo che Dio ha creato l’uomo prima della donna! Si fa sempre una bozza prima del capolavoro finale”.

 

 

 

 

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